Le croce del Monte Corno.


Cenni storici.

Sulle pendici del Monte Corno, sopra il paese di Cafasse, vi è una croce bianca ben visibile dal basso. E' stata posta sul luogo di una tragedia aerea avvenuta negli anni 30.

Il 16 aprile 1936, infatti, un aereo "da turismo", in una notte di maltempo, si schiantò contro le pendici della montagna. I sette occupanti morirono sul colpo. In loro memoria fu quindi eretta una croce in pietra, con basamento ettagonale, sul quale sono incisi i nomi delle vittime.

A partire dalla faccia di NE ed in senso orario sono incisi i seguenti nomi:

Carlo Alberto Pensa (San damiano)

Andrè Andreggen

Angelo Villa

Carlo Teboldi

Don Luigi Colombo

Tibero Cara

Dante Bulgarelli

Sul cerchio di pietra alla base della croce è inciso, a NE: Requeim Eternae Dona Es Domine.

A So invece è inciso: 15 aprile 1936 - XIV.

Negli anni i sentieri d'accesso alla croce erano scomparsi, ed era praticamente inacessibile, in mezzo alla boscaglia..negli ultimi anni è in progetto la risistemazione del sentiero, grazie agli alpini. Purtroppo la croce non è ancora raggiunta dalla bella mulattiera della parte bassa, anche perchè gli spaventosi incendi del 1999 e del 2005 hanno danenggiato in più parti il sentiero.


1936 – 15 aprile – Un aeroplano si schianta a causa del maltempo sulle pendici del Monte Basso, nell’incidente periscono sette persone (quattro passeggeri e l’equipaggio composta da tre persone) tra i quali il vice podestà di Torino Marchese Pensa, sul luogo viene erette una croce in granito in memoria delle vittime ed una lapide in pietra in memoria del Marchese Pensa viene murata sulla facciata della chiesa parrocchiale (attualmente tale lapide è stata sistemata all’ingresso del cimitero);

 

La notizie venne data con ampia diffusione da tutti gli organi d’informazione, di seguito è riportata quella apparsa sulla Gazzetta del Popolo del 16 aprile 1936 – Anno XIV nella Cronaca della Città a pagina 4.

 

Il Vice podestà marchese Pensa vittima d’una sciagura aviatoria

 

La dolorosa impressione in città e il cordoglio per le altre sei vittime del luttuoso incidente - Alle salme, trasportate a Torino, saranno rese solenni onoranza

 

            Un apparecchio civile della linea Milano – Torino, partito regolarmente ieri mattina da Taliedo, per sopravvenute cattive condizioni di visibilità, alle ore 11,30 urtava contro le colline di Lanzo Torinese.

            Nell’incidente sono deceduti i passeggeri marchese Carlo Alberto Pensa, rev. Luigi colombo, signor Angelo Villa, signor Anderheggen, e l’equipaggio composto dal primo pilota Carlo Tedoldi, dal secondo pilota Dante Bulgarelli e dal marconista Tiberio Cara.

 

Il volo nella nebbia e il tragico urto contro le montagne di Lanzo

 

            Ecco in qual modo si può ricostruire la sciagura dell’apparecchio delle Aviolinee, un Fokker dotato di tre motori, e recante la sigla IAAXZ.

            L’aeroplano,a bordo del quale, come si è detto, erano quattro viaggiatori e tre persone dell’equipaggio, era partito da Milano regolarmente, conducendo con un ritmo pure regolare il viaggio fino all’altezza di Chivasso. Infatti esso si mantenne fino allora in contatto radiotelegrafico sia con l’aeroporto di Milano, sia con quello di Torino. Infine esso chiese a Torino la propria ubicazione che gli fu data.

            Poi, improvvisamente, tacque. Il fatto che il radiotelegrafista aveva chiesto chiarimenti a Torino si deve spiegare con le condizioni metereologiche della zona che l’apparecchio doveva attraversare. Non soltanto si era scatenato un violento temporale ma si era anche sollevata una fittissima nebbia, che rendeva nulla la visibilità in tutta la zona che si stende da Chivasso fino ai primi contrafforti delle montagne delle valli di Lanzo.

            Queste pessime condizioni di visibilità spiegano innanzi  tutto come l’orientamento sia stato perduto, e infine come la sciagura si sia potuta verificare.

            Il trimotore, poco prima delle undici, venne trovarsi al di sopra di Cafasse, il centro che si trova a ridosso delle prime montagne delle valli di Lanzo. Bisogna a questo punto tenere presente che la nebbia era così bassa da coprire le pendici delle vicine montagne fino ad centinaio di metri dall’abitato. La popolazione intese insistente il rombo del motore: l’apparecchio stava volteggiando, probabilmente nell’intento di stabilire in qual modo doveva essere indirizzata la rotta. I fulmini e il maltempo intanto imperversavano.

            Infine, alle undici meno cinque minuti, il rombo subitamente cessò. La precisa percezione che un incidente si era verificato si diffuse immediatamente in Cafasse; e subito ne furono informati il Segretario politico di Cafasse dott. Fornelli, il vice podestà dott. Milone e le altre autorità, unitamente ai dirigenti della Società Magnoni e Tedeschi, i cui stabilimenti hanno appunto sede in Cafasse. Una telefonata da tale stabilimento informava l’aeroporto di Torino; mentre quasi contemporaneamente, la medesima notizia veniva pure trasmessa a Torino da altre fonti.

            Intanto una testimonianza , per così dire diretta, si aveva del tragico evento.

            A ridosso di Cafasse, che si trova al termine della pianura che si stende a perdita d’occhio verso il Po, si ergono improvvise le montagne, sì da assumere in certo qual modo l’aspetto di pareti. Fra esse è il Monte Corbo (che la gente del popolo denomina pure monte Basso) la cui vetta raggiunge i 1100 metri. Cafasse è a 450 metri sul livello del mare: la parete montagnosa è quindi di circa 600 metri. Il declivio rapidissimo non consente coltivazioni; vi crescono arbusti di quercia. Ora, in quei boschi, nonostante il maltempo, stava lavorando, poco prima delle undici di ieri mattina, un Giovane fascista, agricoltore della zona, certo Giacchetti Giovanni, ventenne.

            Egli intese l’insistente rombare del motore, e poi uno schianto violento. La certezza della sciagura, che per gli abitanti di Cafasse era stata una intuizione intorno alla quale, disgraziatamente non era possibile nutrire dubbi, per il Giacchetti appariva tragicamente irrevocabile. L’animoso giovane fascista, che aveva udito trovandosi vicinissimo al luogo della caduta , si pose immediatamente alal ricerca dell’aereo; e l’impresa – alla quale contemporaneamente si erano accinti Camice nere, militi, abitanti, - appariva ardua, a cagione del persistere della fittissima nebbia.

            Per un’ora e mezza durarono le peregrinazioni; infine l’apparecchio venne trovato. Esso aveva urtato contro la montagna a trecento metri dalla vetta; così violento fu il cozzo che non si poteva più discernere il disegno delle ali fra i rottami; schiacciata era la cabina; per effetto del contraccolpo anche la coda si era infranta, ricadendo su se stessa.

            La nebbia si era intanto diradata; contemporaneamente, con celerità esemplare, le autorità civili e militari avevano organizzato l'opera che - essendo purtroppo inutile qualsiasi finalità di soccorso – si svolgeva alla pietosa missione del recupero delle salme. Anche la popolazione, .volonterosamente, si prestava, mentre si recavano sul posto, con il procuratore del Re comm. Aroca; il colonnello dell'aviazione Fantuzzi del Presidio di Torino, il maggiore Nuvoli, comandante dell'aeroporto militare di Venaria Reale, numerosi avieri; il tenente dei carabinieri di Venaria Reale, Giuseppe Zanelli, ecc. Da -Torino giungevano autoambulanze della Croce Verde e della Croce; Rossa.

            Con cura pietosa, amorevolmente, avieri, militi, Camicie nere, contadini si prodigarono per districare le spoglie mortali delle vittime dai rottami dell'apparecchio.

            Le salme vennero poi adagiate sulle barelle e lentamente trasportate nella chiesa di S. Martino a Cafasse.

            Intanto, la notizia della morte dei vice Podestà marchese Pensa di San Damiano si sparse rapidamente in città fin nelle prime ore pomeridiane, e a Cafasse si recarono subito S. E. il Prefetto, S. E. il Comandante il Corpo d'Armata, il Segretario federale, il Preside della Provincia, il vice Podestà, nob. dott. Pio .Gloria, il sen. Agnelli, il vice Questore e le maggiori autorità cittadine, unitamente a deputati, senatori e personalità. Intanto giungevano a Cafasse, la madre, la sorella, il fratello del marchese Pensa, unitamente ad altri congiunti, fra cui l'on. ing. Alessandro Orsi, cugino dello scomparso.

            Le salme che, come si è detto, venivano a tutta prima composte nella chiesa di San Martino a Cafasse, erano poi traslate a Torino, mediante. autoambulanze. Quella del marchese Pensa era portata nell'abitazione di corso Vittorio Emanuele 5; le altre, presso la clinica anatomica; dell'Ospedale San Giovanni, alle Molinette.

            Stamane verranno fissate le modalità secondo le quali si tributeranno le onoranze al marchese Pensa e alle al tre vittime della sciagura.

 

Saluto alle vittime

 

Torino saluta addolorata e reverente le vittime della dolosa sciagura. L'ala stroncata getta nel lutto sette famiglie e suscita un profondo senso di cordoglio In tutta la città. Uno degli apparecchi che con regolarità cronometrica, da anni, allacciano la nostra città con Milano, è stato avvolto dalla foschia e s'è trovato improvvisamente di fronte alla barriera rocciosa delle montagne. Nello schianto è perito è perito uno dei cittadini più illustri e benemeriti della nostra città: il vice-Podestà marchese Carlo Alberto Pensa. Alla sua memoria va l'omaggio deferente di tutti i torinesi che ne onorano la morte ardita, così come ne celebrano l'attività svolta in pro della Patria, del Fascismo e della Città. E con lui onorano le altre vittime del luttuoso incidente.

 

Il marchese Pensa

 

Il marchese C. A. Pensa era nato da un'illustre famiglia patrizia torinese il 14 agosto del 1898. Preparato agli studi tecnici dalla sua stessa inclinazione e dalla nativa capacità per le discipline scientifiche, il marchese Pensa di San Damiano aveva brillantemente conseguito la laurea in ingegneria. Seguendo le orme che erano state impresse nel passato dalle nobili attività della sua famiglia - ad un tempo guerriera e coltivatrice - egli aveva dedicato le sue prime attività ai problemi della produzione agraria; la sicura competenza acquisita in tale ramo gli valeva la nomina a consigliere e, poi, a vice Presidente dell'Associazione agraria piemontese.

            Contemporaneamente, egli veniva incaricato della direzione di due importanti Società per la produzione di fertilizzanti chimici: mansioni alle quali accudiva con vasta competenza e con apprezzata utilità.

            Scoppiata la guerra, egli partiva per il fronte quale aspirante del 36° Reggimento di artiglieria. In una azione a Monte Tondo, nel gennaio del 1918, il combattente valoroso si meritava una medaglia d'argento. Nell'ottobre dello stesso anno - e con il grado di sottotenente dell'11° artiglieria - Pensa di San Damiano si guadagnava al Torrente Crevada una seconda medaglia d'argento al valore.

Venute, coi giorni della Vittoria, le tristissime ore delta negazione bolscevica, egli non aveva esitato a continuare la sua. eroica missione di fervente italiano schierandosi fra gli squadristi, che nella guida infiammatrice e lungimirante di Benito Mussolini dovevano restituire il Paese alla sua  gloria e alla sua fortuna.

L’opera intensa e disinteressata da lui offerta alla Causa della Rivoluzione doveva prolungarsi più tardi con l’assunzione ad importanti cariche

Presso i fasci di Combattimento e con la acclamazione a membro del Direttorio della Federazione Combattenti. Nella  nostra Federazione egli fu infatti Vice Segretario federale e Ispettore di zona.

            Il 14 marzo del 1935-XIII, un decreto ministeriale, lo chiamava a reggere l’amministrazione civica a fianco del Podestà, ing. Ugo: Sartirana e con la cooperazione del nob. dott. Pio Gloria.

            A lui – che pure amava servire il .suo mandato in silenzio, schivo degli stessi riconoscimenti che gli spettavano – sono dovute importanti migliorie nei servizi pubblici, molti perfezionamenti estetici e pratici della città, talune risoluzioni concrete di annosi problemi. Recentissima è la fervida attività da lui svolta per il ciclo delle Celebrazioni piemontesi e per la commemorazione di Filippo Juvara e in queste ultime settimane il suo appassionato interessamento per la ricostruzione del Teatro Regio. 

Le altre vittime 

Se è difficile sceverare l’opera che i Reggitori della Podesteria hanno singolarmente compiuto  - opera che Ugo Sartirana ha guidato con spirito di fascistica armonia e con puro spirito di dedizione agli interessi della città – è tuttavia possibile identificare nella persona di Pensa di San Damiano una dose ingente delle benemerenze che i cittadini riconoscono unanimemente alle attività dell’Amministrazione Civica.

            Del povero uomo – che oggi è dolorosamente pianto e che sarà lungamente rimpianto – resterà vivo il ricordo anche per quella particolare bontà d’animo, per quella finezza di tratto, ora arguta, ora austera, ch'egli ha accompagnato sempre al rigido e fermo esercizio dei suoi doveri di Gerarca.

            E' una nobilissima figura di patrizio, di combattente e di fascista che un doloroso lato ci ha tolto.

Molto conosciuto nella nostra città era il signor Andrea Anderheggen, perito egli pure nella sciagura aviatoria. Egli, che abitava a Torino con il padre ing. Francesco e con il fratello ing. Marco, era nato a Brusselle il 3 giugno 1909, ma, venuto giovanissimo in Italia, aveva acquisito la nazionalità italiana. Si era diplomato in architettura all'università di Grenoble, e aveva superato gli esami per l'abilitazione all'esercizio professionale in Italia. Aveva infatti costrutto in questi ultimi tempi numerose ville e case. Due mesi or sono aveva perduto la madre.

Gli altri due passeggeri, vittime dell'incidente, sono, rispettivamente, il rev. Luigi Colombo di Milano e il signor Angelo Villa. I tre membri dell'equipaggio, primo pilota Carlo Tedoldi, secondo pilota Dante Bulgarelli e marconista Tiberio Cara, risiedevano a Milano, ma erano pure assai conosciuti ed apprezzati a Torino e la loro scomparsa ha suscitato anche fra di noi il più vivo compianto. 

L’articolo occupa circa 2 colonne e mezza della pagina del giornale ed è corredato da due fotografie, di seguito riprodotte. 

* * * * *

Nel testo della Gazzetta del Popolo vi sono due inesattezze, il nome della montagna che è Monte Corno e non Monte Corbo e il Santo titolare della chiesa di Cafasse che è San Grato e non San Martino.

 

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il Marchese Pensa di San Damiano                                           l’ing. Andrea Anderheggen

fotografie tratte dalla pagina della Gazzetta del Popolo del 16 aprile 1936

 

Questo avvenimento ovviamente creò non poco scompiglio nella tranquilla vita di un paesino come Cafasse, ed infatti tutti coloro che riuscirono si recarono sul luogo dell’incidente, per portare soccorso oppure anche solo per curiosità, molti raccolsero pezzi dell’aereo caduto come ricordo dell’avvenimento, ma successivamente le autorità ne imposero a tutti la riconsegna.

A ricordo dell’incidente ed in memoria ed onore delle vittime venne innalzata sul versante di Monte Basso la monumentale croce in granito, sul cui piedistallo sono incisi i nomi delle vittime, la data in cui avvenne il tragico incidente ed una invocazione di preghiera.

A ricordo della vittima più illustre, il Vice Podestà Marchese Pensa, sulla facciata della chiesa parrocchiale di Cafasse venne posta una lapide in pietra il cui testo è il seguente:

 

“Sulle vette sovrastanti questo paese il 15 aprile 1936 – XIV si spezzava l’esistenza del marchese ingegnere Carlo Alberto Pensa di San Damiano due volte medaglia d’argento al V.M. Vice Podestà di Torino.

Il suo volo verso il dovere si mutava con la morte in un volo verso il cielo.

Alla memoria di questa giovinezza buona ardimentosa intelligente fattiva si innalzi una preghiera.”

 

La lapide attualmente è stata spostata e murata all’ingresso del cimitero.

 

 

i resti dell’aereo – da fotografia dell’epoca riportata sul libro della Nepote

 

Col passare degli anni il quasi totale abbandono delle attività agricole sul versante della montagna e l’incuria in cui venne lasciato per anni il patrimonio boschivo pubblico fece scomparire questo monumento, inghiottito dalle piante e dai rovi. All’inizio degli anni 90, la Regione Piemonte tramite la squadra di operai forestali operanti sul nostro territorio ha avviato un progetto di miglioramento del patrimonio forestale, nell’ambito di tale progetto è stato recuperato il vecchio sentiero nella pineta (che era stato realizzato negli anni dell’impianto della pineta stessa una prima parte negli anni dal 1825 al 1930 ed un'altra nel dopoguerra) ed è stata nuovamente resa visibile la Croce con il disboscamento dell’area attorno ad essa. Infatti dal paese osservando il versante di Monte Basso nella parte sottostante la punta più alta detta Monte Corno sulla costa chiamato “costa della croce” spicca bianca la croce in granito.

L’area di accesso venne inoltre migliorata in questi ultimi anni dall’intervento dei volontari dei Gruppi Alpini di Cafasse e Monasterolo, i primi hanno recuperato la baita diroccata posta all’imbocco del sentiero di accesso alla Croce, realizzando un piccolo bivacco e restaurando la fontana esistente, i secondi hanno ripulito il sentiero che dal bivacco sale fino alla Croce, rendendo fruibile a tutti questo monumentale ricordo di un tragico avvenimento e permettendo a tutti coloro che vi arrivano di godere di un splendido panorama della sottostante pianura. 

Oltre all’articolo della Gazzetta del Popolo sopra riportato che da la notizia e ne racconta una puntuale cronaca, notizie relative ai lavori recenti di pulizia e miglioramento dei sentieri e del sito sono stati pubblicati sui settimanali “Il Risveglio” ed “Il Canavese”, sulla pubblicazione annuale della Pro Loco Cafasse “Punto d’Incontro”.

Notizie storiche sull’accaduto sono riportate nel libro “Storia Religiosa e Civile di Cafasse” del Canonico Giuseppe Fornelli e nel libro “Magnoni & Tedeschi & Noi” a cura di Rinuccia Nipote. 

Su un numero del “Punto di Incontro” di alcuni anni fa è riportata una anonima poesia dedicata alla Croce del Monte Corno.

 

LA CROCE SUL MONTE CORNO

 

A mezza costa

sulla montagna a ponente

brilla una croce

che pare d’argento.

Lassù

è caduto un aereo

che ha perso quota.

Gente

che forse

non ha avuto il tempo

di domandarsi “perché?”

e si è trovata

spaurita

con occhi sbarrati

in una dimensione diversa.

 

A cura di Daniele Michelotti – Pro Loco Cafasse – luglio 2005

Accesso.

Da Cafasse si raggiunge la frazione Monasterolo e si svolta in via Lanzo. Si percorre una strada che presto diventa sterrata, fino ad incontrare un bivio con sbarra e indicazione "Ca Bianca". Qui si lascia l'auto e si prende questa stradina che sale nel bosco. Si seguono poi le indicazioni per la croce, iniziando a salire per il sentiero ben sistemato, che sale in quel che resta delle belle pinete, devastate dagli incendi. Si tralascia a destra un altro bivio per la Ca Bianca e si prosegue, giungendo ad una piccola costruzione nel bosco, ristrutturata dagli alpini, con annessa ottima sorgente. Da qui si sale per un sentierino un po nascosto dalle erbacce e dalla vegetazione, che sale fino allo spiazzo della croce, dal quale si gode un buon panorama sulla pianura (925 m circa, 1-1.15 ore)



Percorso per immagini.

L'inizio della salita sul sentiero.

La Croce e la vista sulla pianura.

Vista sulla pianura, dettaglio.

Dettaglio della croce.

Dettaglio della croce.

Vista laterale.


Tutte le foto risalgono al novembre 2004.


 

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