Corno Bianco 2883 m - 2891 m.


Il Corno Bianco è una di quelle montagne situate in luoghi reconditi e lontane dai tracciati battuti. Così come è appariscente e ben definita come vetta dal versante di Ceresole, dove sovrasta la conca del Lago del Dres è altrettanto seminascosta dal versante della Val Grande di Lanzo, dove infatti si induvidua difficilmente dal vallone dei Sagnasse. L'ascensione al Corno Bianco dai Rivotti è una salita lunga, per una buona metà senza sentiero e abbastanza faticosa, riservata ad escursionisti esperti e ben allenati, in grado di studiare bene il percorso di salita, sapendo scegliere la via più semplice. Dal Gias Giom in poi non esistono ripari, e l'orientamento può offire seri problemi in caso di nebbia, pertanto è assolutamente consigliabile partire solo con condizioni di tempo stabile e di ottima visibilità. 
  • LOCALITA' DI PARTENZA: Groscavallo, fraz. Rivotti 1460 m
  • TEMPO SALITA: 4 h 30 '
  • SEGNAVIA:EPT- 219
  • PERIODO CONSIGLIATO: luglio-ottobre
  • DIFFICOLTA': EE
  • DISLIVELLO: 1450 m
  • CARTOGRAFIA: IGC "Valli di Lanzo e Moncenisio" 1:50000, Tavolette IGM 1:25000 F.42 tavv. Groscavallo

1° novembre 2001.

Scendiamo dalla macchina e ci accoglie l'aria frizzante del primo mattino di novembre, tra i larici dorati dei Rivotti. L'avvicinamento alla nostra montagna si compie su una strada carrozzabile chiusa al traffico che dai Rivotti tocca diversi alpeggi di questo soleggiato versante della Val Grande e con un lungo traverso a mezzacosta porta al Gias Nuovo Fontane, praticamente sopra Forno Alpi Graie. Ci incamminiamo così per la bella stradina che attraversa un bel bosco dai colori splendidamente autunnali, uscendo poi alla base della Costa di Pra Longis, che separa i valloni di Sagnasse e vercellina, la quale scende direttamente dal Monte Piccolo Morion. La vista si fa ampia sul vallone di Sea e sul versante nord della Ciamarella e sulla testata del vallone del Gura, soprattutto sul gruppo Mulinet-Martellot. 

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A sinistra: colori d'autunno tra i larici, poco oltre i Rivotti.

Al centro: larice in primo piano. Sullo sfondo la testata della Val Grande

A destra: il profilo del Monte Barrouard domina il vallone dei Sagnasse.

 

Superata la Costa di Pra Longis si entra nel bacino dei Sagnasse, dominato a sinistra dal bellissimo profilo del Monte Barrouard 2866 m: la via di salita è logica e facile, per il lineare crestone sud, che parte dal Gias Giom, e non mancherà molto che venga aggiunto al mio "carnet da collezionista di vette". Il Corno Bianco è invece indistiguibile, tranne due spuntoni bianchi della cresta che lo unisce al Barrouard: la vetta si trova più a destra, e rimane nascosta da uno spallone. Arriviamo ad un gruppo di baite a 1897 m, poi la strada compie due tornanti e si alza di quota, con alcune diramazioni secodnarie verso altri alpeggi, alcuni dei quali ristrutturati recentemente. Un cartello in legno indica il bivio per i Laghi di Sagnasse, raggiungibili da qui in mezz'ora. Ora proseguo da solo, e mi incammino così verso i laghi per un bel sentierino che sale tra i pascoli dorati con numerose risvolte fino ad uscire sul ripiano del Gias dei Laghi 2072 m, a circa 1 h 50 dall'auto. Compio una breve deviazione verso i laghi, anche per rifornirmi d'acqua dal rivolo che scorre nei pressi del Gias. In questa stagione può essere molto difficile trovare l'acqua:grazie ad un ottobre particolarmente mite i rivoli sono ancora in gran parte liberi dalla morsa del ghiaccio. Una tazza di the caldo non può che fare bene, qui in riva al laghetto superiore, poi è nuovamente ora di andare, la strada è lunga ancora. Ritorno sui miei passi fino alle baite, sul retro del fabbricato più settentrionale parte un sentierino discretamente battuto e segnalato da qualche ometto, e in 10-15 minuti arrivo in prossimità del Gias Giom 2188 m. E qui comincia l'avventura. Il percorso ce l'ho in testa, avendolo studiato sulla mitica tavoletta IGM, e bisogna superare al bastionata che sovrasta i laghi per le vallette e i dossi che partono dal Gias Giom: è segnato anche un sentierino, ma essendo un rilievo degli anni 30 potrebbe non esserci più. E invece, a costo di cavarmi gli occhi, riesco ad individuare alcuni ometti lungo il pendio. Trovo così una traccia, a tratti ben battuta, segnalata da diversi ometti, che sale zig-zagando il pendio fino a portarsi su una specie di costone, dopo aver superato una piccola frana. E' comunque abbastanza impegnativo mantenere la traccia, ma riesco dopotutto a procedere abbastanza speditamente, seguendo traccette e ometti di pietra, tra magri pascoli e roccioni, fino ad un breve tratto pianeggiante dal quale si vedono il lago inferiore dei Sagnasse e il Gias dei laghi. Il mio altimetro segna 2360 m, e qui sbaglio la via: quando si è in vista di un ometto in bella evidenza su un roccione bisogna piegare a sinistra, compiendo quasi un inversione a 180°, seguendo altri ometti poco visibili. Io, invece (non è l'esempio da seguire, ma si può salire anche di qui, faticando un po di più), continuo diritto verso il Piccolo Morion, poi quando mi accorgo di aver sbagliato strada mi butto a sinistra risalendo tra i roccioni, e ritornando verso sinistra dove trovo, a 2450 m, un grosso ometto di pietre su delle rocce montonate a filo del terreno. Questo è un ottimo punto di riferimento, da qui si ritrova la traccia che sale tra rocce montonate ad una conchetta a volte occupata da un laghetto, e prosegue sempre su terreno non particolarmente difficile. Qui perdo nuovamente la traccia, e proseguo in direzione della vetta, che ormai è visibile, contrassegnata da un ometto (che visto da qui sembra una croce). Salendo a fiuto arrivo in una conca alla base del pendio terminale, a circa 2650 m: mancano poco più di 200 m di dislivello, e ora devo superare un'enorme pietraia. Cerco di scegliere la via nell'enorme caos di macigni, che costringono a laboriosi saliscendi. Con qualche tribolazione, salendo, piego a sinistra verso le fasce erbose, di magri pascoli, che consentono una salita più scorrevole e meno laboriosa. Quando trovo una traccia di bestiame sul ripido pendio di magro pascolo tiro un sospiro di sollievo, manca solo un centinaio di metri. Il pendio è comunque ripido, e gli ultimi metri di salita risultano molto faticosi, soprattutto quando si hanno ormai quasi quattro ore di salita nelle gambe. 

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A sinistra: il lago superiore dei Sagnasse, 2082 m.

Al centro: l'aquila volteggia sopra di me, nell'alto vallone dei Sagnasse.

A destra: il colletto 2840 m si avvicina, a destra la vetta nord del Corno Bianco 2883 m.

 

Salutato dai fischi d'allarme degli stambecchi arrivo al colletto tra le due vette del Corno Bianco, a circa 2840 m. Il versante opposto precipita vertiginosamente sulla conca del Lago del Dres, d'un colore blu profondo: la neve presente in cresta è gelata e richiede prudenza. Evito accuratamente ogni macchia di neve e salgo aggirando alcuni placconi sul versante Val Grande, e con facile ginnsatica su massi accatastati arrivo infine sulla vetta N del Corno Bianco, a 2883 m. Sono trascorse circa 4 h 15 da quandos ono partito, e il tempo ha assunto caratteristiche tardo estive: nonostante la temperatura non sia proprio elevata, intorno allo 0°, in breve sono avvolto da alcune classiche nubi di calore. Tra una nebbia e l'altra il panorama si fa vedere: in bella evidenza le dorsali delle valli di Lanzo, in particolare sulla val Grande-Val d'Ala, ma anche sulla testata. Magnifico il colpo d'occhio sulle Levanne, con il bel canale del Colle Perduto, e sul gruppo del Gran Paradiso, vicino e di fronte, dal Nivolet agli Apostoli. Fanno la loro bella figura anche il Monte Bianco e il gruppo del Monte Rosa, e spaventosa la vertiginosa caduta sul versante di Ceresole, di alte pareti ripide e innevate che precipitano letteralmente sulle conche sottostanti.

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A sinistra: le Levanne dal Corno Bianco, con al centro il canalone ghiacciato del Colle Perduto

A destra: la luce del pomeriggio al Gias Giom 2188 m.

Un pranzo veloce e poi scendo al colletto per risalire la bella crestina che risale alla vetta S, facendo attenzione alla neve e al ripidissimo versante di Ceresole. Con qualche traccetta di bestiame e un po di roccette arrivo sull'anticima. Ancora un facile passaggio su lastroni ed eccomi sul punto culminante: la cartina IGM gli assegna la quota di 2891 m, il collegamento tra le due punte si percorre in 15 minuti. Mi fermo ancora un attimo su un terrazzino erboso, approfittando di un momento di sole, poi comincio a scendere: seguendo tracce sul ripido pendio erboso giungo in vista dell'ometto a 2450 m. Si scende sempre sfruttando le tracce e scegliendo i passaggi più facili tra macigni, pietraie e magri pascoli, si arriva infine all'ometto, e da qui riprendo la traccia degli ometti. Il cielo intanto si ripulisce,e arrivo al Gias dei Laghi inondato dal sole. Una "merenda sinöira" a base di salame, toma e sangiovese è d'obbligo. A malincuore comincio la discesa, e riprendo il sentierino che in breve porta nuovamente al bivio sulla strada sterrata. 

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A sinistra: controluce sulla Ciamarella e sull'Albaron di Sea.

Al centro: giochi di luce verso il vallone di Sea, al ritorno dal vallone dei Sagnasse.

A destra: gli ultimi raggi di sole scompaiono dietro l'Uia di Ciamarella.

Le ultime nubi imprigionate intorno alla Ciamarella creano splendidi giochi di luce, il sole si conquista spazi sempre più ampi e l'aria si rinfresca. In un'ora e mezza siamo in vista della macchina, proprio mentre l'ultimo raggio di sole si nasconde con una sciabolata di luce dietro la cresta Est della Ciamarella, a conclusione di un'altra splendida gita autunnale.

Roberto Maruzzo-socio CAI-Lanzo


 

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